PERCHÉ KAUFMAN

Scegliere un nome è sempre un’impresa ardua. Anche quando si deve attribuire a un progetto, a un’attività. Già, perché il nome è il primo biglietto da visita, il primo indizio di un pensiero dalle mille sfumature; un nome deve poterti rappresentare al meglio, far comprendere subito gli intenti, i propositi e la cerchia – ristretta o meno – di appartenenza. Il più delle volte l’assegnazione di un nome è un percorso impervio che arriva dopo mille dibattiti, sondaggi, notti insonni, richieste d’aiuto, centinaia di consigli ignorati e lunghe chiacchierate mirate a una disperata ricerca di ispirazione. Il più delle volte, si diceva. Per noi, invece, nel momento in cui abbiamo deciso che avremmo organizzato corsi di scrittura creativa, Kaufman è arrivato in maniera semplice, naturale, immediata. Perché?

 

Il primo indizio è Charles Stuart Kaufman (per gli amici Charlie), uno degli sceneggiatori più brillanti e fuori dagli schermi della nostra epoca; autore di memorabili sceneggiature come, tra le altre, Essere John Malkovich (Spike Jonze, 1999), Human Nature (Michel Gondry, 2001), Il ladro di orchidee (Spike Jonze, 2002), Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Michel Gondry, 2004) e Synecdoche, New York (2008), debutto alla regia dello stesso Kaufman. Ma Charlie non è l’unico nome che viene a galla quando si parla di scrittura creativa. Qualche esempio?

 

In ordine sparso. Impossibile non menzionare George Simon Kaufman, commediografo e regista teatrale che, assieme al collega Moss Hart, formò una delle coppie più prolifiche degli anni Trenta. Portano la loro firma, infatti, commedie come Once in a Lifetime (1930), Merrily We Roll Along (1934), I’d Rather Be Righ (1937), The Man Who Came to Dinner (1939), George Washington Slept Here (1940) e You Can’t Take It with You (1936) che gli valse il Premio Pulitzer per la drammaturgia e la trasposizione cinematografica per mano di un certo Frank Capra (L’eterna illuzione, 1938). Rimaniamo in campo teatrale con Moisés Kaufman, regista e drammaturgo venezuelano naturalizzato statunitense. Suoi i drammi 33 Variation (2007); The Laramie Project (2000), in seguito adattato per la televisione dallo stesso regista; e Atti osceni – I tre processi di Oscar Wilde (1997), recente produzione del Teatro dell’Elfo per la regia di  Ferdinando Bruni con la traduzione di Lucio De Capitani. O ancora, come non ricordare Millard Kaufman, uno dei creatori del celebre cortometraggio animato degli anni Cinquanta, Mr. Magoo. Oltre a questo cavallo di battaglia, lo scrittore e sceneggiatore statunitense ha scritto numerose sceneggiature, tra cui Giorno maledetto (1955) e Sacro e profano (1959), entrambi diretti da John Sturges.

 

Ce ne sarebbero tanti altri, come Andy, capace di scrivere pagine memorabili della comicità anti-humor made in USA, o Bob, uno degli esponenti della Beat Generation con le sue poesie e melodie; ma ormai appare evidente che il concetto sia diventato ben chiaro a tutti. Di anno in anno, di arte in arte Kaufman è stato e continua a essere un nome che tende inevitabilmente a legarsi con il concetto di scrittura creativa. In fondo, chi siamo noi per interrompere il flusso?