ottobre

corso di

street photography

 

itinerari nei dintorni di Bari

UN’INFINITA COMPRESSIONE PRECEDE
LO SCOPPIO – Esercizi di nutrimento
dello sguardo

La fotografia di per sè non ha alcun significato, è, al contrario, un significante. Una moltitudine di segni linguistici che, attraverso l’atto del fotografare, permette di superare i “classici” problemi quali inquadratura e tecnica, ad esempio, e fa giungere dritti al primo, assoluto, fondamento della fotografia: lo sguardo.
Non importa quale macchina fotografica usiamo, quale focale abbiamo a nostra disposizione, ciò che veramente importa in fotografia è la capacità di “sentire” gli odori, i suoni e gli umori del territorio che solchiamo, qualunque esso sia. Uno scatto che possiamo definire “buono” ha luogo nel gesto, ma prima, attraverso una serie di esercizi di immaginazione e immedesimazione.
Il fotografo difficilmente è obiettivo poiché la sua forma mentis fotografica è diretta conseguenza della sua alimentazione che ha origine dalle sensazioni legate alla letteratura, alla musica, al territorio che viviamo, alle idee e persino alle utopie. Quindi, se non per questioni puramente tecniche ed estetiche, la fotografia non proviene dalla fotografia.
Lo sguardo ha necessità di essere nutrito.
Lo sguardo va disintossicato.
Lo sguardo va sensibilizzato.
Lo sguardo deve essere riconosciuto e coltivato quotidianamente.
Immaginiamo dunque di avere in mano della dinamite e non avere i mezzi per farla detonare. Alimentando, attraverso una molteplicità di stimoli, il nostro personale “sentire” giorno dopo giorno, avremo fra le mani un calore tale da permettere allo scatto di venir fuori per puro istinto, per un impulso che permette al fotografo di immedesimarsi talmente tanto da essere invisibile, in un gioco costante fra il fuori e il dentro la scena che si intende ritrarre, sempre ricordando che una buona fotografia, quella che permette alla nostra anima di vibrare, non è frutto del nostro gesto, bensì ci è stata regalata e l’unico merito che possiamo attribuirci è quello di averla RICONOSCIUTA.

FRANCESCO FARACI

Francesco Faraci nasce a Palermo, in Sicilia, nel 1983. Dopo studi in Sociologia e antropologia scopre la fotografia come principale mezzo di espressione e inizia a girare l’isola, in lungo e in largo, alla ricerca di storie da raccontare.
Ha pubblicato con “The Guardian”, “Time Magazine”, “The Globe and Mail”, “La Repubblica”, “L’Espresso”, “Le Monde”, “Libération”, VICE.
Dopo tre anni di lavoro pubblica nel 2016 il suo primo libro “Malacarne- Kids come first”, A cura di Benedetta Donato e edito da Crowdbooks, un viaggio di tre anni dentro le estreme periferie della città viste attraverso i bambini. Riceve il secondo premio nella sezione libri fotografici al PX3 di Parigi e al MIFA di Mosca.
Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo “Nella pelle sbagliata” edito da Leima Edizioni e tiene workshop in giro per l’Italia, collaborando con varie realtà. Nel 2019 parte in tour con Jovanotti e con il suo “Jova Beach Tour” per un libro sul viaggio in Italia a partire dai concerti dal titolo “Jova Beach Party: Cronache da una nuova era” pubblicato da Rizzoli.
Nel 2020 il suo progetto “Atlante Umano Siciliano” diventa un libro edito da EMUSE.
Nel 2021 collabora con Achille Lauro per il singolo “Solo Noi”, insieme descrivono le periferie romane. Le fotografie sono state proiettate in prima serata durante la sua partecipazione al Festival di Sanremo.
Nello stesso anno collabora con Netflix e Alessandro Cattelan per la docu-serie “Una semplice domanda”, a maggio 2022 è stato pubblicato il suo ultimo lavoro editoriale: “Anima nomade, da Pasolini alla fotografia povera” per Mimesis edizioni con la prefazione di Franco Arminio.

UN CORSO ON THE ROAD

Il corso si svolgerà nei dintorni di Bari con itinerari pensati per raccontare attraverso la fotografia le storie che abitano il territorio.

Corso organizzato in collaborazione con Laika APS (Circolo FIAF)

Numero di ore: 20

Costo: 150 euro

Costo Under 18: 100 euro

Il corso è a numero limitato.